Onorevoli Colleghi! - La crisi della democrazia è, da tempo, tema centrale nell'agenda politica del nostro Paese, ma ultimamente essa sembra manifestarsi in modo particolarmente preoccupante. Assistiamo infatti ad una sempre più evidente dissociazione tra la società reale, nei suoi ritmi e nelle sue convenzioni dominanti, e la politica così come è percepita dai cittadini: va ricercata in questa direzione la causa prevalente dell'attuale debolezza della politica, sempre più sotto attacco o, peggio, subalterna agli altri poteri, da quello dell'economia e della finanza a quello dell'informazione.
      Ebbene, è innegabile che una parte importante di tale problema sia dovuta all'alto grado di inefficienza del sistema istituzionale, segnato da un insopportabile difetto di capacità di decidere. Su questo versante si richiedono quindi risposte chiare e immediate da parte della classe politica e del Parlamento.
      Fra i tanti interventi di riforma, certamente urgenti e necessari, uno riguarda più direttamente l'altissimo incarico che siamo stati chiamati a compiere con l'elezione in Parlamento e incide sull'efficacia del nostro lavoro quotidiano, indipendentemente dalla parte politica nella quale ognuno di noi milita. Per questo esso potrebbe essere realizzato in tempi brevi, e auspicabilmente con un largo consenso delle forze politiche che siedono in Parlamento, anche come segnale della nostra

 

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capacità di rispondere in modo adeguato alle necessità del Paese.
      Mi riferisco alla riforma dell'articolo 72 della Costituzione. In tale articolo è delineata l'organizzazione del processo legislativo ed in particolare la ripartizione dei compiti fra Commissioni parlamentari e Assemblea. Esso affida all'intera Assemblea il compito di decidere, di norma, sull'intero corpo della legge, dopo l'intervento delle Commissioni cui sempre più spesso è riservato solo lo spazio per un'istruttoria sommaria.
      La modifica di tale articolo finora è stata considerata quasi un tabù, sia perché evocava la suggestione di una diminutio delle prerogative del parlamentare, sia - con più fondamento - perché eccitava il timore di regalare ai partiti di governo un supplemento di efficienza, di modernizzazione e di semplificazione.
      È ora arrivato il momento di abbattere tale tabù.
      In base all'attuale organizzazione dei lavori parlamentari, ciascun deputato o senatore dovrebbe partecipare a tutti i lavori dell'Assemblea, seguendo in particolare l'intera discussione di ogni provvedimento normativo, studiando approfonditamente i testi pervenuti dalle Commissioni e tutti gli emendamenti via via presentati, che in alcuni casi sono migliaia, per poi pronunciarsi su ciascuno di essi con la necessaria consapevolezza.
      Basta poco per capire che tale costruzione è il prodotto di un'epoca diversa, di una stagione in cui il legislatore fissava regole generali, disciplinava la gerarchia di poteri noti e riconducibili a categorie elementari. Un'altra stagione, un'altra società.
      Da tempo, infatti, la maggior parte delle leggi si caratterizzano per un elevatissimo tasso di contenuto tecnico e di specializzazione settoriale, che si traducono in testi complessi, per i quali è impossibile immaginare una specifica competenza da parte di ciascun parlamentare.
      Basta un dato per illustrare tale stato di cose: nel primo anno di questa legislatura la Camera dei deputati ha registrato cinquemila votazioni. Per cinquemila volte un'Assemblea costituita da 630 persone ha deciso nel merito di una norma, di un emendamento, di un articolo.
      Chiunque abbia avuto esperienza di lavori parlamentari sa che - salvi i casi di provvedimenti di particolare rilevanza - nell'esame dei progetti di legge da parte dell'Assemblea gran parte dei deputati finisce per partecipare a innumerevoli votazioni su emendamenti dei quali raramente riesce a capire fino in fondo la portata, affidandosi di fatto al giudizio dei pochi esperti che, all'interno di ciascun gruppo parlamentare, si occupano del relativo settore o hanno seguito quel determinato provvedimento. Così, la presenza in Aula finisce per trasformarsi per la gran parte dei deputati in un adempimento rituale, in un fastidioso obbligo reso necessario dall'eventuale verifica del numero legale o, comunque, dall'esigenza di far registrare la propria presenza o il proprio voto.
      Tutto questo porta inevitabilmente i parlamentari a concentrare la loro presenza in Aula nei soli momenti delle votazioni, con la conseguente impossibilità di comprendere a fondo il senso di queste, non avendo appunto partecipato alla fase antecedente della discussione, che costituisce con tutta evidenza il presupposto indispensabile per una partecipazione consapevole alle votazioni.
      Il fatto che, salvi casi eccezionali, l'intera Assemblea debba occuparsi di discutere e di esaminare il testo approvato dalle Commissioni parlamentari, spesso duplicando il lavoro svolto da queste, non solo finisce per accrescere i sentimenti di sfiducia e di condanna prima richiamati, ma oggettivamente provoca un notevole allungamento dei tempi di approvazione dei progetti di legge, senza che questo comporti di fatto un apprezzabile beneficio in termini di maggiore garanzia del procedimento legislativo.
      Ciò alimenta ulteriormente la percezione negativa da parte dei cittadini, che traducono tali sentimenti non già nella condanna del gruppo parlamentare che in un dato momento tenda a enfatizzare lo
 

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scontro parlamentare, ma in un diffuso sentimento di anti-politica, che finisce per delegittimare le istituzioni. Certo, una parte dei casi nei quali i parlamentari si mostrano distratti, disinteressati e impreparati con riguardo ai provvedimenti sottoposti al loro esame ha origine nella responsabilità dei singoli e nel fatto che gli stessi disattendono a un loro preciso dovere. Tali episodi vanno certamente condannati e devono trovare risposta non solo in un'attività di maggiore controllo da parte dei gruppi parlamentari, ma anche nella sanzione da parte degli elettori. Tuttavia è evidente che il problema va molto al di là di tutto ciò e investe in generale il funzionamento delle istituzioni parlamentari.
      Per questo, con il presente progetto di legge costituzionale si propone di modificare l'articolo 72 della Costituzione senza diminuire complessivamente le garanzie apportate dal Costituente ma garantendo una maggiore celerità ed efficacia alle procedure parlamentari. A questo fine, si vuole ribaltare l'impostazione dell'articolo 72, affidando, di norma, alle quattordici Commissioni parlamentari permanenti l'esame completo dei progetti di legge e lasciando invece all'Assemblea il voto finale.
      Tuttavia, proprio al fine di salvaguardare le prerogative riconosciute a ciascun parlamentare e insieme mantenere un livello di garanzie equiparabile a quello oggi esistente, si lascia sempre aperta la possibilità che l'intera Assemblea possa essere chiamata a svolgere interamente l'esame dei progetti di legge, quando lo chieda un numero determinato di parlamentari. La procedura di esame e di approvazione diretta da parte di una Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale nonché per i trattati internazionali che incidono sui diritti fondamentali dei cittadini o sulle attribuzioni degli organi costituzionali. Inoltre, si evita che le decisioni attribuite alle Commissioni possano essere assunte da pochissimi parlamentari, prevedendo un quorum strutturale analogamente a quanto previsto per l'Assemblea. Infine, sempre in analogia a quanto disposto per l'Assemblea, si demanda ai Regolamenti parlamentari il compito di assicurare forme adeguate di pubblicità dei lavori delle Commissioni.
      Ecco, più nel dettaglio, le modifiche proposte ai diversi commi del vigente articolo 72 della Costituzione.
      Nel primo comma, con l'inserimento dell'inciso «ove previsto», si rende evidente che non sempre l'Assemblea è chiamata a votare i progetti di legge approvandoli articolo per articolo e con votazione finale. Cosa, questa, peraltro già vera oggi, quando i progetti di legge sono esaminati dalle Commissioni in sede legislativa (in sede deliberante al Senato della Repubblica) ovvero in sede redigente. In più, si specifica che anche le Commissioni dovranno sempre esaminare i disegni di legge approvandoli articolo per articolo e con votazione finale.
      Il secondo comma è rimasto identico, e rinvia al Regolamento per stabilire procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.
      Il terzo comma considera come normale un procedimento analogo a quello oggi adottato quando le Commissioni esaminano i progetti di legge in sede redigente. Si prevede, infatti, che l'esame dei disegni di legge sia deferito a Commissioni composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari, restando attribuita a ciascuna Camera l'approvazione finale con le sole dichiarazioni di voto. Si rinvia poi al Regolamento - analogamente a quanto accade già oggi - per individuare i casi nei quali anche l'approvazione finale è rimessa a tali Commissioni (riunite in sede legislativa o «deliberante», secondo la terminologia utilizzata al Senato della Repubblica).
      Come detto, si continua a prevedere che in ogni caso, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge possa essere rimesso all'intera Assemblea. Tuttavia, per fare sì che l'esame in sede redigente da parte delle Commissioni diventi effettivamente il procedimento
 

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normale, si è elevata la percentuale di parlamentari che possono chiedere tale passaggio: oltre al Governo, solo la metà dei componenti di ciascuna Camera o della Commissione potranno chiedere alternativamente che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto.
      Analogamente a quanto previsto dal quarto comma vigente, si prevede che, per alcuni progetti di legge particolarmente rilevanti, resti obbligatoria la procedura di esame e di approvazione diretta da parte di ciascuna Camera: in particolare, ciò accadrà sempre per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale. Lo stesso avverrà anche per i trattati internazionali, purché questi incidano «sui diritti fondamentali dei cittadini o sulle attribuzioni degli organi costituzionali»: tale specificazione, non presente nel testo della Costituzione del 1946-1948, diventa oggi necessaria per distinguere il caso di accordi internazionali approvati come trattati dalle Camere nonostante abbiano un'importanza del tutto marginale.
      Rispetto all'elencazione oggi vigente, si è altresì deciso di non inserire fra i progetti di legge per i quali è obbligatorio l'esame completo dell'Assemblea anche quelli di delegazione legislativa. Tale scelta deriva dalla constatazione che l'inserimento di una o più disposizioni di delega è ormai divenuto usuale in un grandissimo numero di leggi, anche nei casi in cui queste provvedono a disciplinare nel dettaglio una materia, magari affidando all'esecutivo esclusivamente il compito di attuare aspetti secondari della normativa o di provvedere al relativo aggiornamento, in ragione dell'incessante evoluzione della realtà. In ogni caso, ove la delegazione legislativa dovesse invece rivestire un'importanza particolare, le indicate percentuali di parlamentari potranno provvedere a richiedere un più puntuale esame da parte dell'Assemblea.
      Con riferimento ai disegni di legge di approvazione di bilanci e consuntivi, si è previsto che, dopo l'esame in Commissione, siano sempre sottoposti a ciascuna Camera per l'approvazione finale con le sole dichiarazioni di voto. Si vogliono in tal modo responsabilizzare le Commissioni Bilancio delle due Camere, e insieme il Governo, nella predisposizione di un disegno organico della manovra di finanza pubblica. In tal modo, si vuole altresì evitare che quest'ultima, una volta giunta in Assemblea, possa essere oggetto di un'infinità di emendamenti spesso legati a interessi particolari, facendole perdere la necessaria organicità e rendendo meno chiara la responsabilità che sulla stessa deve conservare l'esecutivo, in analogia a quanto accade in altre democrazie europee.
      Poiché l'esame delle Commissioni parlamentari acquisterà quasi sempre un'importanza decisiva nell'esame dei progetti di legge, nonché per bilanciare il fatto che sarà più difficile chiedere l'esame completo da parte dell'Assemblea, si introduce un quorum costitutivo prevedendo che le deliberazioni delle Commissioni sui progetti di legge non siano valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti.
      Per le stesse ragioni, si sono volute rafforzare le garanzie legate alla pubblicità da assicurare alle sedute delle Commissioni, che dovranno essere non troppo dissimili da quelle oggi previste per l'Assemblea. Per tale motivo si prevede che il Regolamento, nel dare attuazione alla disposizione costituzionale così novellata, «assicura» la pubblicità dei lavori delle Commissioni (il testo vigente si limita invece a stabilire che il Regolamento «determina» le forme di pubblicità).
      Onorevoli Colleghi, questa proposta di legge costituzionale di revisione dell'articolo 72, a un tempo semplice e insieme profondamente innovativa, offre a tutti noi un'occasione importante per migliorare la qualità del nostro lavoro e di quello delle istituzioni alle quali abbiamo il privilegio di appartenere, rispondendo in modo efficace e immediato a una domanda che sale in modo sempre più insistente dai cittadini. Grazie ad essa, superando le divisioni di gruppo e di
 

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schieramento - come ci impone ogni progetto che miri a rivedere le regole fondanti del nostro assetto istituzionale - abbiamo la possibilità di mostrare a noi stessi e a tutti i cittadini di essere capaci di far prevalere un maturo sentimento di responsabilità istituzionale e quello spirito civico nazionale che ogni tanto avvertiamo come virtù tanto desueta quanto indispensabile.
 

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